William-Adolphe Bouguereau, La nascita di Venere, 1879, Musée d'Orsay, Parigi Prima pagina

La globalizzazione e l’adolescenza della specie


di Ines Arsì

L’adolescenza è intesa tradizionalmente come età della fioritura del carattere, strutturato gradualmente attraverso il rapporto, talvolta traumatico, tra parametri individuali e pulsione relazionale.
La messa a fuoco delle potenzialità interne avviene effettivamente in termini di riscontro sociale e prevede la conquista di sottili equilibri gestionali in grado di favorire la tutela del proprio sé nella sfera ancestrale dell’appartenenza.
Il profondo conflitto che ne viene si deve a quella freudiana antitesi vitale tra il sé e l’altro, tra i modelli assimilabili e quelli a priori, coltivati nel cuore dell’infanzia.
Tale conflitto è dunque il frutto di una ricerca di pace e di un’armonica simmetria non esplicabile in assenza di complementarietà.
In questi termini è possibile interpretare la globalizzazione come un fenomeno affine, che vede emergere interessi, lotte cruente di potere e necessità profonde che se protese ai fini di una planetarizzazione delle coscienze, come auspicava Morin, non dovrebbero intaccare il lecito significante dell’io, ma dotarlo di una maggiore apertura e disponibilità di strumenti a cui attingere la sua pluralità.
Alla luce dell’attuale riscossa ideologica di primitivi nazionalismi, se la minaccia incombente della perdita della stabilità psicologica potesse essere riletta come il giaciglio patologico del comfort, potremmo forse constatare il niente della cristallizzazione.
Questa considerazione critica, frutto di riflessione che non vuole mettere in ombra le atrocità della guerra economico-finanziaria, guarda alla storia del progresso umano nella sua pratica evolutiva e ne rileva gli eventi, gli errori, le ricerche, come fasi di un processo di crescita.
Ebbene, sappiamo che il tentativo di conformarsi è da sempre dovuto alle ragioni dell’accettazione e della stabilizzazione; questi sono due fattori reputati necessari alla sopravvivenza e capaci di contenere il rischio del conflitto, ma prevedono, paradossalmente, l’imposizione di parametri di convenienza per la convivenza e l’estensione degli stessi (a costo di generare conflitto).
Detto questo: io ritengo che nessuna classe dominante e che nessun complotto globale possa veramente uniformare la cultura a una piattaforma di interessi.
Credo, inoltre, nella possibilità di svincolarsi dai condizionamenti ambientali e nel lavoro individuale che ci consente di osservare la nostra epoca con consapevolezza e meno paura.
Credo che le strutture di un sistema siano impalcature che non fanno anima.
Credo che sia comodo ricercare il proprio destino nelle colpe di potenze superiori.
L’uomo l’ha fatto per secoli, prima appellandosi a Dio e poi a se stesso.
Una risposta è nell’auto-responsabilizzazione etica.

Ines Arsì