La continuità educativo-didattica nella scuola


Sono insegnante di Scuola dell’Infanzia. Lavoro nella scuola statale da venti anni. Vinsi il concorso nel lontano 1991 e il tema che feci verteva sulla continuità educativo-didattica. Scelsi quella traccia perché tra tanti argomenti studiati in precedenza, proprio per prepararmi al concorso, era uno di quelli per me più interessanti. Credevo fermamente in quello che dicevano i pedagogisti: all’importanza, per i bambini, che si doveva dare al “passaggio” da un ordine all’altro, evitando di aumentare il “gap” che già in modo naturale si crea. Si doveva evitare di creare un abisso, viste le tante differenze, anche di approccio didattico, che ci sono nella scuola, dall’infanzia, alla primaria, alla secondaria. Ricordo, tra i tanti studi fatti, che si parlava di continuità “diacronica”, detta anche ‘verticale’, nel passaggio tra i vari ordini, e di continuità “sincronica”, detta anche ‘orizzontale’, tra bambini o ragazzi della stessa fascia di età, ma provenienti da diverse classi o istituti. Per continuità sincronica si intendeva inoltre quella da effettuarsi da diversi enti operanti sul territorio. Il tutto per permettere al bambino una crescita armoniosa. A quel tema di tanti anni fa presi un bel voto e poi passai davanti la commissione d’esame per poter discutere l’orale. Il presidente di commissione, lo ricordo come se fosse ieri, mi disse, circa il tema da me svolto: “Ha scelto la continuità. Quello che lei dice ed espone è molto bello. Lo sa però, vero, che è tutta un’utopia? Non potrà mai metterlo in pratica!”.

Al di là del fatto che questo voler subito chiarire quanto sarebbe stato difficoltoso lavorare con queste premesse poteva anche scoraggiare una maestra alla prima esperienza come io ero, questo invece mi diede la carica, forse proprio perché è nel mio carattere reagire, per poter dire: “Io comunque ci proverò”.

E sono 20 anni che non mi stanco di farlo.

Arriviamo però al lavoro sul campo, alla didattica e all’organizzazione scolastica.

 

la nostra scuola dell'infanzia

La nostra scuola dell’infanzia

Progetti di continuità se ne possono fare tanti. Si possono fare tante attività che coinvolgano due ordini di scuola. Più nel particolare mi preme qui parlare del passaggio che i nostri piccolini della scuola dell’infanzia devono fare andando poi alla scuola primaria. Pur essendoci nei Nuovi Orientamenti del ‘91 e poi in tutti gli aggiornamenti chiari riferimenti alla continuità, questa non sempre è diventata “regola”, nelle varie scuole. Dove va meglio può esser diventata “prassi”, ma niente di più.

Molto spesso la continuità si trova in balia di “muri” creati da insegnanti che non hanno voglia di realizzare attività in comune, di condividere momenti per poter creare un clima sereno e pieno di aspettative per i loro futuri alunni. Molto spesso ci si ritrova a dover veramente “combattere contro” invece che “lavorare con e per”. Questo è un vero peccato, perché noi docenti, nella nostra professionalità, non dovremmo guardare a noi, ma all’utenza, alle esigenze di questi bimbi e anche a quelle dei genitori che li accompagneranno nel passaggio. A volte ci si ritrova davanti a delle scuse, che ormai conosco a memoria. La più in voga e più utilizzata da alcuni colleghi della primaria, in questi anni, è stata: “Non abbiamo tempo”. Seguita spesso da: “Dobbiamo svolgere il programma e non possiamo restare indietro”. Ora c’è la variante: “Abbiamo le prove Invalsi”.

C’è poi da dire che una come me non si accontenterebbe di pochi incontri, ma vedrebbe la continuità come un “continuum”, come un progetto da svolgersi durante l’arco dell’ultimo anno di scuola dell’infanzia, che proseguirebbe però almeno nel corso dell’anno successivo, quando i bimbi si troverebbero a frequentare il primo anno della scuola primaria.

Pensando a quanto fatto in passato, ricordo comunque con piacere alcune iniziative, che spesso mi han visto coinvolta, nella scuola di Nepi.

Primo giorno di scuola alla primaria

Primo giorno di scuola alla primaria

Qualche anno fa si fece una “Festa della Primavera” con i bambini della primaria e dell’infanzia, con giochi all’aria aperta. Poi si fecero degli incontri e dei giochi, con scambio di doni, tra i nostri bambini della scuola statale e quelli della scuola privata di pari età. E ancora: incontri con le insegnanti della scuola primaria, di classe quinta, per poterle conoscere, dato che spesso sono le stesse che prenderanno le prime l’anno successivo. Molto spesso poi abbiamo fatto degli incontri in classe con gli alunni più grandi per attività come “disegni a 4 mani”, “interviste” per sapere come si lavora alla scuola primaria… Alcune volte, con dei docenti molto volenterosi ed aperti al confronto, abbiamo addirittura organizzato delle diverse lezioni per i nostri piccoli. Venne un’insegnante a raccontare le storie delle vocali e degli amici di Ioiò (quella docente era mia madre, sempre aperta al confronto e dalle mille risorse); un’altra insegnante fece lezione di psicomotricità. Io però vorrei che tutte queste attività fossero “regolari”, cioè che, anche se in modo diversificato, venissero riproposte ai vari gruppi di alunni pronti al passaggio. Anche perché questi bimbi lasciano un luogo noto per uno ignoto e si sa che quel che non si conosce fa paura, mette ansia. Proprio per superare anche questo molto spesso organizziamo degli incontri per andare proprio a vedere le classi della scuola primaria, vedere come le classi prime sono organizzate, cosa hanno affisso alle pareti, se ci sono angoli per giocare, come ci si organizza, quali strumenti usano… a volte, devo dire, sono state organizzate delle belle feste di accoglienza. Ma è questo “a volte” che non ha valore pedagogico. Dobbiamo, tutti noi docenti, perseguire, tra i vari obiettivi, quello di creare occasioni di continuità, anche in modo diversificato e più creativo, rispetto agli esempi riportati, perché i bimbi possano senza ansie affrontare il loro futuro scolastico.

Il mago di Oz, esempio di progetto di continuità

Il mago di Oz, esempio di progetto di continuità

E per continuare sul piano dell’utopia come disse tanti anni fa quel commissario, sarebbe bello che il tutto non si riducesse a pochi incontri, ma continuasse nel tempo. Sarebbe bello durante il primo anno della scuola primaria creare dei momenti in cui coinvolgere anche le “vecchie” insegnanti, quelle che per tre anni hanno guidato il bambino, lo hanno coccolato, protetto e fatto crescere.

Ditemi che questa è un’utopia.

Lo so già, ma ho lottato per venti anni e continuerò a farlo.