Il 31 dicembre del 1378 nasce Alonso de Borja, figlio di Domingo Borja e Francina Marti, che viene avviato alla carriera ecclesiastica. Sempre in quell’anno scoppia il Grande Scisma dell’Occidente tra Roma e Avignone.
Tutto ha inizio il 17 gennaio del 1377, quando Gregorio XI fa rientro a Roma dopo la cattività avignonese durata quasi settant’anni. Ma se in Italia si festeggia, in Francia si storce il naso e a un anno di distanza dal rientro in Vaticano, iniziano le elezioni degli antipapi. Con Roma si erano schierate l’Italia settentrionale e centrale, l’Inghilterra, le Fiandre, la Scandinavia, l’Ungheria, la Polonia e gran parte della Germania.
Schierati con Avignone erano la Francia -come sarebbe potuto essere il contrario?-, il regno di Napoli, la Scozia, l’Austria, la Savoia, Cipro, la Castiglia, la Navarra e l’Aragona. E poiché all’epoca occorrevano militanti potenti, come dice Fusero arruolarono anche i santi. Io me le immagino le fazioni che si azzuffano sventolando le immagini del proprio patrono.
Ma cosa c’entra lo scisma con Alonso de Borja?
C’entra, perché lui, con la sua abilità politica, il suo sapersi barcamenare per il bene del proprio re, riuscì a mettere la parola fine a una lotta protrattasi per quarant’anni e che gli consentì di imporsi agli occhi del mondo ecclesiastico. Fu, in parole povere, il suo trampolino di lancio. Ma andiamo con ordine.
Alonso mostra fin da giovane una forte inclinazione allo studio e alla pietà -cosa assai rara in quei tempi – e durante l’adolescenza lo si vede insegnare ai figli dei contadini. A quattordici anni va a studiare all’università di Lerida e una volta laureato in diritto canonico torna a Valencia, dove incontra un personaggio che gli vaticinerà il futuro. Quest’uomo è un frate domenicano, Vicente Ferrer che, ligio alle lotte dell’epoca, è schierato dalla parte avignonese. Trascorre la vita a predicare con foga, riuscendo a convertire migliaia di ebrei e dopo l’ennesima predicazione a Valencia, si vede arrivare un giovane che gli chiede di ricordarlo nelle sue preghiere. Il giovane è Alonso, rimasto colpito dal suo veemente sermone.

San Vincenzo Ferrer
Vicente Ferrer -in italiano Vincenzo Ferrer- lo osserva a lungo e alla fine gli risponde:
“Figlio mio mi rallegro per te. Ricordati che sei chiamato ad essere un giorno l’ornamento della tua patria e della tua famiglia. Sarai rivestito della più alta autorità che possa toccare a un mortale. Io stesso, dopo la mia morte, sarò oggetto della tua venerazione. Sforzati di conservarti in questa tua vita virtuosa.”
Quelle parole rimangono scolpite nella mente del giovane Alonso per tutta la vita e al momento opportuno dimostrerà di non averle dimenticate.
Nel 1416, grazie alle sue doti, diviene consigliere e segretario di re Alfonso V d’Aragona. Poiché questo sovrano era rimasto l’ultimo dei regnanti a sostenere Avignone e a non voler riconoscere l’autorità del papa di Roma, il saggio Alonso gli suggerisce di scendere a patti con il Vaticano per non inimicarsi gli altri sovrani e non isolare il suo reame. Ma i patti per l’aragonese parlavano una sola lingua: l’investitura a re di Napoli.
Ora, per comprendere il motivo di tanto accanimento per il possesso del regno di Napoli, (che comprendeva tutta l’Italia meridionale) occorre fare un salto indietro. Questo reame era conteso tra Francia e Spagna da quando Carlo I d’Angiò -su istigazione del papa- era sceso in Italia per sterminare gli svevi, detentori del reame. Sconfitto re Manfredi a Benevento nel 1266 e fatto decapitare Corradino a Napoli, il francese si era impossessato di quella florida terra con il beneplacito della Chiesa. Ma se l’angioino sperava di dormire sonni beati, poteva scordarselo. Costanza, la figlia di re Manfredi, era sposata a Pietro III d’Aragona -figlio di quel Giacomo I che diede Jàtiva e Gandìa a Esteban de Borja, vedi l’articolo “I misteri dei Borgia iniziano dal cognome”- e insieme al marito e ad altri sostenitori della causa sveva, diede il via ai famosi Vespri Siciliani.
Ed ecco che il cerchio si chiude: gli Aragona sbalzano via i d’Angiò, ma questi non si danno per vinti e per duecento anni il regno di Napoli passa ora a uno ora all’altro a seconda della politica, fino all’arrivo di Alfonso V, che accetta il suggerimento di Alonso di scendere a patti con la Chiesa di Roma e sanare così lo scisma.
Ma papa Martino V non concede l’investitura all’aragonese e questi, schiumando rabbia, rafforza il suo appoggio all’antipapa di Avignone. Ed è in questa circostanza che Alonso mostra la sua grandezza, la sua saggezza. I suoi acuti e lungimiranti suggerimenti politici portano infine lo spagnolo e il papa a un accordo e a concludere così lo scisma che si protraeva da decenni: a denti stretti Martino V apre le borse del Vaticano e Alfonso V intasca e lo riconosce come papa.
Per questa sua mediazione e per tutto quello che ha fatto per il suo re, il 15 agosto 1429 Alonso è eletto vescovo di Valencia senza essere sacerdote. E qui occorre aprire una piccola parentesi. Vi domanderete: vescovo senza essere prete? Ebbene sì. A quel tempo ricevere tali nomine era solo un modo per i clerici di ottenere terre e denaro. I principi della Chiesa in realtà non prendevano i voti se non per causa di forza maggiore. E Alonso non fa eccezione: cinque giorni dopo la nomina a vescovo pronuncia i voti e il 21 agosto riceve la consacrazione episcopale. Aveva 51 anni.
Trascorrono gli anni e finalmente, dopo varie peripezie, il 2 giugno 1442 Alfonso V d’Aragona entra a Napoli come re. Al suo fianco c’è sempre Alonso. Il 2 maggio del 1444 papa Eugenio IV chiama Alonso a Roma e gli conferisce la carica di cardinale della basilica dei Quattro Coronati. Con questa carica il papa lo stacca definitivamente dal fianco di Alfonso V d’Aragona e acquista per la Chiesa un sagace politico, un fine giurista, nonché un tramite tra Roma e Napoli.
Alonso si mostra irreprensibile nella vita privata, semplice e sobrio. È un uomo che va dritto al sodo, che snobba gli intrighi, che preferisce immergersi nei libri anziché condurre vita mondana. E in un momento storico come quello vi assicuro che era una rarità.
È in questo periodo che inizia l’opera di nepotismo, al pari di ogni altro ecclesiastico. Le sorelle che più ama gli hanno dato dei nipoti: Caterina ha partorito Pedro e Luis Juan de Mila, mentre Isabella ha generato Pedro Luis e Rodrigo Borja. Alonso non ha dubbi: a Pedro de Mila e Pedro Luis Borja essendo primogeniti la carriera militare, a Luis Juan de Mila e Rodrigo Borja essendo secondogeniti la carriera ecclesiastica.
Sono queste le prime basi della potente ascesa di Rodrigo Borgia.

Papa Callisto III Borja
Il 4 aprile del 1455 si apre il conclave per eleggere il successore a Niccolò V. All’età di settantasette anni, l’8 aprile Alonso viene eletto papa. Prende il nome di Callisto III, il nome dell’antipapa proposto dal Barbarossa contro Alessandro III. E già questo fatto, di per sé, la dice lunga sul carattere dell’uomo.
Nel momento di massimo splendore, Callisto III mostra di non aver dimenticato il domenicano col saio bianco e nero che gli aveva predetto il futuro di grandezza e uno dei suoi primi atti come papa fu di canonizzarlo. Ancora oggi lo si festeggia il 5 aprile.