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Lettera aperta al Ministero da parte di un musicista


Gentilissimo Ministro Franceschini,

Non è passato molto dalla nostra corrispondenza pubblica che eccomi di nuovo ad indirizzarLe una lettera.
Speravo vivamente, alla luce di quanto accaduto e della pessima figura fatta dal Suo Ministero, che ci fosse un cambiamento nei modi, nei sistemi di gestione e soprattutto che si cominciasse a fare più attenzione e si usasse meno superficialità nell’affrontare tematiche artistiche. Invece lo scorso 2 ottobre Lei ha dimostrato di non aver fatto alcun tesoro del passato ed ecco che con estrema superficialità, tipica di chi è uso a non tener conto delle ripercussioni delle proprie azioni, seguendo più le chiacchiere mediatiche che una sana logica amministrativa, 182 persone si vedono licenziate in tronco.

Purtroppo dal Suo operato si evidenzia come non mai la Sua totale inadeguatezza alla gestione del settore artistico perché chiunque avesse un minimo di formazione in tal senso avrebbe capito che il problema del Teatro dell’Opera di Roma non sono di certo gli orchestrali ed i coristi.
Partiamo dal presupposto che i miei cari colleghi sono ben lontani dal non avere colpe e che ahimè sempre di più i sindacati hanno spinto nel difendere quei pochi privilegi, molti dei quali inutili, conquistati nel tempo. Ma questi privilegi di solito e soprattutto nel caso specifico, riguardano pochi e di certo non sono il problema fondante della cattiva amministrazione del Teatro.

Prima di analizzare il perché la Sua azione non trovi alcun fondamento se non quello di una forzatura politica di cui pagano il prezzo lavoratori innocenti, mi preme chiarire una volta per tutte la questione degli scioperi dei dipendenti del Teatro per ridare dignità a quei colleghi che si sono visti attaccati su tutti i fronti senza che mai nessuno entrasse nel merito reale delle vere motivazioni.

Quando ci fu lo sciopero per la Bohème incontrai per caso un carissimo amico, stabile presso l’orchestra ed entrando in argomento ho chiesto conto del perché si scioperasse. Ed ho capito quindi che non si parlava di avere ma di risparmiare.
Già, caro Ministro, perché sarebbe bastato incontrare uno qualsiasi degli orchestrali e farsi una chiacchierata amichevole per capire che le proteste non riguardavano il salario ma andavano contro una gestione, dovuta alla mancanza di competenza specifica del Sovrintendente ed ai paletti imposti dalla spending review, che stava compromettendo sia le casse già magre dell’Ente sia la qualità artistica dell’orchestra.

Quando il Sovrintendente venne nominato, il 21 dicembre 2013, l’orchestra fu felice della nuova direzione e si schierò sulle scale d’ingresso del Teatro per accogliere il nuovo arrivato con la speranza di cominciare un dialogo che portasse ad un miglioramento del futuro comune. Il Sovrintendente, visti tutti gli strumentisti schierati, forse pensando ad una “mala parata”, entrò invece dalla porta posteriore e rifiutò da quel giorno in poi di incontrare gli strumentisti chiudendo definitivamente alla possibilità di capire quali fossero le esigenze e le richieste.

Sveliamo quindi l’arcano: perché gli strumentisti protestavano?

Per capire la questione bisogna conoscere la materia, almeno nelle sue basi, per cui mi permetto di erudirLa.

Un’orchestra è composta da una compagine stabile ed una aggiuntiva. Gli stabili sono quelli che Lei ha licenziato, circa 90 persone contrattualizzate che fanno parte in maniera continuativa dell’insieme strumentale. Sono la parte fondamentale di un Ente Lirico perché lavorando insieme da anni costruiscono giorno dopo giorno una amalgama sonora che li contraddistingue e li differenzia dagli altri Teatri. Ogni orchestra ha una sua identità sonora e tecnica e portava avanti la sua peculiarità nel tempo, formando i nuovi arrivati e perpetrando tradizioni. Le basti pensare che se io, violoncellista professionista con 10 anni di carriera alle spalle, domani fossi chiamato al Musickverein di Vienna per il concerto di Capodanno, pur avendo la partitura davanti non riuscirei a suonare una nota perché quell’orchestra, negli anni, ha sviluppato una serie di variazioni sui brani che non vengono messe su carta ma che fanno parte del suo bagaglio intrinseco, della sua storia. Per questo Strauss suonato lì suona differentemente da quando lo si suona in qualsiasi altra parte del mondo. Per questo l’opera suonata in Italia suona così solo in Italia.

Gli “aggiunti” invece sono strumentisti freelance che vengono convocati di volta in volta quando l’organico stabile non è sufficiente all’esecuzione di un brano. Vengono solitamente segnalati “per chiara fama” o risultano dalle graduatorie di concorsi precedenti.
Il problema di una orchestra che ha un organico stabile sottodimensionato, come nel caso del Teatro romano, è che c’è necessità di convocare molti aggiunti ogni volta che si va in scena. Gli aggiunti costano però molto più degli stabili perché essendo fuori sede hanno diritto, come prevede qualsiasi contratto nazionale, ai rimborsi del viaggio e dell’alloggio. Mi è capitato, lavorando in orchestre statali nazionali, di percepire da aggiunto oltre agli 80€ del compenso giornaliero base, 30€ al giorno di rimborso alloggio e 200€ di rimborso spese di viaggio. Ecco quindi che un aggiunto costa quasi il 50% in più di un orchestrale stabile, oltre ovviamente a non far parte dell’organico e quindi minare dalla base la possibilità precedentemente esposta di creare un suono identitario ed una omogeneità tecnica.

Il Teatro dell’Opera di Roma ha costantemente ridotto l’organico stabile essendo poi impossibilitato a riassumere strumentisti con concorsi per via della spending review, che impedisce nuove assunzioni da parte degli Enti statali. Si è dovuto quindi nel tempo ricorrere a numerosi aggiunti, il che oltre che impedire all’orchestra di preservare la propria identità, ha comportato un notevole aumento dei costi di gestione della stessa. E proprio contro questo protestava l’orchestra. Per una volta, uno sciopero non era per chiedere niente in più, ma anzi per fare qualcosa di meno. Ma Lei ha tagliato la testa al toro.

Chiarito questo ho deciso di fare una ricerca accurata, nei miei limiti, per capire su che basi si fondasse la Sua scelta di eliminare l’anima del Teatro piuttosto che agire su altre voci di bilancio, e mi sono messo a fare i conti della serva.
Ho cercato quindi di capire quanto faraonici fossero gli stipendi dei miei colleghi, cercando in questo dato una giustificazione economica al licenziamento.

Uno strumentista di fila (ovvero non prima parte) percepiva dal Teatro dell’Opera una retribuzione lorda annua di circa 40.000€ per 28 ore di lavoro settimanali (fonte: CCNL per i dipendenti delle Fondazioni Lirico Sinfoniche). Facciamo quindi un rapido calcolo per capire l’effettivo compenso di questi signori.
40.000€ meno il 30% circa di tasse porta ad una contribuzione netta di 28.000€ annui. 28 ore a settimana x 4 settimane x 12 mesi porta ad numero di 1344 ore retribuite. Quindi 28.000: 1344 fa un compenso netto di circa 20,80€ all’ora ovvero circa 2.100€ al mese.

Compariamo ora questo stipendio a una categoria a caso che sia facilmente documentabile: per esempio quello di un insegnante delle scuole medie. Stipendio lordo annuo 41.950€ per circa 25 ore settimanali includendo consigli di classe e tutto il resto, che portano a 900 ore annue. Il risultato è di circa 32€ l’ora che fanno distribuiti nell’anno 1.400€ al mese. Mi sembra quindi che siamo in linea.

Compariamo ora invece tutti e due questi stipendi a quelli di un dipendente di un Ministero a caso, diciamo il Suo. Dal sito del Mibact vengo informato che il compenso lordo annuo per il Ministro non parlamentare è di 265.102,76€. Ma mai comparerei un orchestrale a Lei per cui vediamo quanto prende qualcun altro, diciamo un Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici: 166.745,52€. Andiamo più in basso: il Suo segretario particolare prende 74.251,89€ annui. Ecco, qui non siamo più in linea.

Seguendo il Suo ragionamento secondo cui se un Ente è in crisi bisogna licenziare tutti i dipendenti ed esternalizzare le prestazioni, ne consegue che oltre all’orchestra del Teatro dell’Opera dovremmo licenziare tutti gli insegnanti ed esternalizzare l’educazione, cosa che il Governo sta cercando di fare in effetti, ma soprattutto dovremmo radere al suolo il Suo ministero.

Quindi proseguirò nell’analisi con la consapevolezza che i miei colleghi non hanno nulla di cui vergognarsi sotto questo aspetto.

Approfondiamo quindi un’altra nota dolente: il capitolo indennità tanto citato dai media per cui i miei colleghi sarebbero dei privilegiati. Le indennità sono 3.
1) Uno strumentista di fila percepisce dal Teatro dell’opera di Roma, come in tutte le altre orchestre del mondo succede, una indennità per lo strumento, pari a 41,52€ lordi al mese. Questa cifra servirebbe ad aiutare il musicista nella manutenzione dello strumento stesso, che ahimè è soggetto a continua usura. Sono circa 500€ all’anno. Come violoncellista, volendo mantenere lo strumento in buone condizioni devo cambiare le corde ogni 3-4 mesi circa e far ricrinare l’arco ogni 3 mesi circa. Costo delle corde: 300€ circa, costo ricrinatura dell’arco 100€ circa. Applichiamo ancora una volta la matematica e vediamo, essendo ottimisti e sperando che in un anno non occorra nessun incidente, che mantenere lo strumento mi costa circa 1200€ all’anno, che è una cifra ben inferiore ai 500€ erogati. Prendiamo il caso di uno strumento a fiato per avere un quadro completo. Un clarinetto ha una durata di vita di circa 10 anni dopo i quali non è più utilizzabile ed un costo di circa 5.000€. Ogni clarinettista deve avere 2 clarinetti, in la ed in sib. Ai clarinetti ogni anno almeno vanno rifatti i tamponi: 200€ circa. Poi le ance. Costo medio di un pacco di ance 25€ circa, un pacco da 10 ne contiene circa 2, massimo 3 utilizzabili. Un’ancia dura al massimo 3 giorni, se non si rompe nel frattempo. Faccia Lei i calcoli di quante ne servono ogni anno per lavorare 1300 ore e vedrà che i 500€ non coprono minimamente né l’usura dello strumento né la sua manutenzione. Per cui direi che in questa indennità la non ci sia nulla di scandaloso perché dovuta e necessaria.

2) 182€ di indennità lorda mensile per vestiario e mensa. Fanno circa 2000€ all’anno. Diciamo che per il vestiario si fa un investimento una tantum di 1500€, per cui non lo consideriamo. Rimangono 2000€ l’anno per la mensa, che mi sembra un costo tutto sommato ragionevole, che qualsiasi azienda con un certo numero di dipendenti riconoscerebbe. E ancora una volta non ci trovo niente di scandaloso.

3) 390€ lordi al mese per indennità spettacoli all’aperto. E qui siamo al grande scandalo. In merito a questo punto infatti c’è stato un grandissimo fraintendimento per cui si è arrivati ad accusare i colleghi di percepire un’indennità per recarsi a Caracalla, che tutto sommato è dietro l’angolo rispetto al Teatro. Ma questa cifra non riguarda di certo le distanze percorse, come se fosse una trasferta, ma bensì il fatto di dover suonare all’aperto.
Innanzitutto precisiamo: l’opera a Caracalla ha una durata di 45 giorni circa e questa indennità viene retribuita quindi solo relativamente a questo periodo. Diciamo che sono all’incirca 500€ netti in totale. Ora, Lei non può sapere anche se dovrebbe, ma mi pregio di edurLa, che quando uno strumento suona all’aria aperta subisce inevitabilmente un danno strutturale perché le temperature cambiano repentinamente e l’umidità non è costante. Se Lei espone un bastone di legno all’aperto, tra sole e umidità vedrà che dopo 45 giorni si sarà rovinato. Nel caso specifico degli strumenti ad arco questa esposizione porta quasi inevitabilmente alla scollatura, ovvero le colle naturali che tengono insieme lo strumento cedono causandone il totale malfunzionamento. Costo riparazione: 300€ circa, se non succedono cose più gravi. Mentre gli strumenti a fiato, fatti salvi gli ottoni, rischiano ben di peggio perché possono essere soggetti a crepe. E un clarinetto o un oboe crepato, finiscono generalmente nel cestino. Il costo non è calcolabile. Per cui anche su questa indennità direi che non trovo da fare grandi appunti. Si potrebbe ridurre, certo, ma da qui a licenziare un’intera orchestra la strada è lunga…

Continuiamo a fare di conto quindi e vediamo quanto l’orchestra ed il coro costino all’Ente Teatrale e se veramente esistano i presupposti per poter individuare in quella cifra il principale problema.
Manteniamo il reddito dello strumentista di fila, che è un dato certo, come base e cerchiamo di fare una media plausibile, anzi esagerata dello stipendio annuo pagato all’orchestra. In un’orchestra ci son circa 25 prime parti ed ipotizziamo che queste percepiscano circa 1800€ mensili in più degli altri. Quindi consideriamo che tra i Suoi licenziati ci siano 25 persone che percepiscono 4.000€ al mese (sto esagerando ovviamente) e 162 che ne percepiscono 2.100€ (dato certo). Moltiplichiamo per 14 mensilità e viene fuori la bella cifra di 6 milioni di Euro all’anno, che è il costo netto approssimativo della compagine orchestrale e del coro.
Però i dipendenti del Teatro sono 419 ( sono 430 in realtà, ma 11 li teniamo fuori per dopo) tra macchinisti, tecnici audio, tecnici video, scenografi, assistenti di palco, sarti, pianisti accompagnatori, truccatori e tutto il resto. Diciamo quindi a spanne che il costo totale del personale è, volendo esagerare, di 15 Milioni di Euro, considerando le varie indennità.
Ora prendiamo quindi il bilancio e vediamo se i conti tornano. E infatti i conti non tornano.

Dal bilancio 2012 pubblicato dall’Ente sul proprio sito cerchiamo il dato relativo alle contribuzioni.

“Lettera B: COSTI DELLA PRODUZIONE numero 9) per il personale voce a1) salari e stipendi 25.716.550€

Il mio commercialista mi spiega che se da questa cifra io tolgo i contributi irpef (quelli inps figurano sotto voce a parte) che sono sotto la voce STATO PATRMONIALE, lettera D) numero 12) ho il totale del costo per retribuire gli stipendi netti dei dipendenti. Per cui 25-1=24 Milioni di Euro, bruscolini più, bruscolini meno.

A questo punto nasce spontanea la domanda: come si arriva dai 15 Milioni calcolati in precedenza ai 24 Milioni che sono in bilancio????
Una prima risposta la danno i salari della dirigenza (fonte: http://www.operaroma.it/ita/fondazione-dirigenziali-consulenze.php), i famosi 11 che ho lasciato fuori dal calcolo precedente.

Già perché questi signori percepiscono in totale all’anno 790.000€ di stipendi lordi (all’incirca quanto 20 strumentisti di fila). Quindi il doppio se non il triplo di un orchestrale ed a quanto pare sono anche virtuosi perché l’ex Sovrintendente della Scala Lissner percepiva solo lui 507.076,22€ l’anno.Ma anche sottratto questo milioncino scarso, siamo ancora lontani dal raggiungere i 24 messi a bilancio. Quindi dove vanno a finire i soldi??
E’ molto semplice perché all’appello mancano ancora tre figure professionali.

Il costo maggiore di ogni teatro è dato infatti dai cachet dei direttori d’orchestra e dei registi, che vengono pagati a produzione e raggiungono cifre esorbitanti che contrattano di volta in volta. L’altro costo esorbitante sono ovviamente i cantanti.

Ora, se il Teatro con il suo personale costa 15 Milioni e la dirigenza 1 Milione circa, se ne deduce che gli 8 Milioni di Euro residui vengano elargiti per pagare queste tre figure professionali.
8 Milioni di cachet contro 6 Milioni di stipendi…. La scelta di licenziare l’orchestra, caro Ministro si fa sempre più logica e giusta.

Lei ha dichiarato che con l’esternalizzazione si risparmieranno 3,4 Milioni di Euro. Sorvolando sull’opinabilità della scelta di tagliarli da una parte piuttosto che da un’altra, questa azione porta a due conseguenze.
1: Se sono giusti i calcoli fatti precedentemente, una cooperativa che possa fornire i professori d’orchestra al Teatro, pagherà ogni suo dipendente all’incirca la metà dei 20€/ora che si pagano attualmente, cioè circa 10€/ora. Che non mi sembra affatto una giusta retribuzione per chi dovesse concorrere a mantenere un’eccellenza come il Teatro dell’Opera di Roma ed a portarne nel mondo la fama e la qualità. Insomma, Lei pretende di fatto che i signori musicisti e coristi vengano retribuiti alla stessa stregua di uno scaricatore di frutta ai mercati generali (parlo per esperienza: retribuzione netta finale 8€/ora circa). Io nel mio piccolo ho lavorato per alcune orchestre nazionali di grande prestigio e sinceramente, se mi avessero proposto un tale compenso, non avrei mai accettato il lavoro. Oppure, confesso, sarei venuto meno ai miei doveri di strumentista ed avrei evitato di studiare le parti a casa prima della produzione, lavoro non retribuito che richiede una grande quantità di tempo ed è fondamentale per la qualità dell’esecuzione finale e quindi per il mantenimento del buon nome dell’Ente. Io ho un gran rispetto del mio lavoro e di me stesso e credo, signor Ministro, che 10 anni di studio per conseguire il diploma, 15 master con musicisti di chiara fama in Italia ed all’estero, 4 anni di specializzazione in Austria e soprattutto i 10 anni di esperienza che ho alle spalle, la mia qualità artistica e la mia professionalità abbiano un valore che sarebbe giusto che venisse rispettato e riconosciuto anche economicamente. E credo che lo pensino anche i colleghi del Teatro con le loro esperienze, ben più ricche delle mie e quindi più preziose. E, paradosso dei paradossi ,sarebbe proprio Lei la persona preposta a difendere e valorizzare la cultura di questo paese e la sua identità artistica.
2: Un risparmio di 3,4 Milioni di Euro su 24 Milioni di costi del personale, che risparmio sarebbe? E soprattutto a che prezzo???? Capisce che qualsiasi buon amministratore pagherebbe volentieri di più un’orchestra salvaguardandone inoppugnabilmente la dignità e la fama e piuttosto risparmierebbe qualcosa sui cachet di direttori, registi e cantanti, che pesano da soli sul bilancio quasi quanto l’intera compagine strumentale e coreutica.

Abbiamo quindi individuato una prima malattia, gli stipendi galattici di pochi individui. Però anche volendo mantenere questo divario tra dirigenza, poche figure artistiche e bassa manovalanza a me i conti non tornano comunque perché con un Teatro d’Opera in una capitale come Roma, in una nazione come l’Italia, patria dell’opera nel mondo, secondo me cassa si riuscirebbe comunque a fare pur mantenendo ingiustificatamente questi signori. Ma non è così.

Prendiamo quindi in esame la gestione artistica dell’Ente.

Per curiosità ieri ho aperto il sito del Wien Staatsoper, il teatro dell’opera di Vienna, che sarebbe il parallelo austriaco del nostro teatro capitolino. Il cartellone è ricchissimo e le esecuzioni sono giornaliere. Ma quello che mi ha colpito sono gli allestimenti.
Per allestimento si intende la costruzione di uno spettacolo: costruzione delle scenografie, produzione dei costumi, studio del trucco, regia luci, regia scenica, studio delle parti da parte dell’orchestra e del coro e così via. L’allestimento è di fatto tutto il lavoro di tutta la macchina teatrale che sta alle spalle di una esecuzione pubblica. Ed è ovviamente il costo maggiore di un teatro.
Vediamo quindi come si comporta la concorrenza (fonte: http://db-staatsoper.die-antwort.eu/performances/page/662): 25.06.14: Sigfrido, nuovo allestimento, 17esima replica con questo allestimento; 27.06.14 Tosca, 573esima replica con questo allestimento; 06.09.14 L’Olandese Volante, 53esima replica con questo allestimento; 19.09.14 Elisir d’amore, 213esima replica con questo allestimento.

Vediamo invece come si comporta il nostro teatro nella stagione 2014:
Elisir d’amore, allestimento Teatro dell’Opera, 6 repliche; Ernani, nuovo allestimento, 7 repliche; Lago dei Cigni, nuovo allestimento, 11 repliche; Manon Lescaut, nuovo allestimento, 5 repliche; Rigoletto, nuovo allestimento, 10 repliche. Caracalla, 3 opere, 2 nuovi allestimenti, tra l’atro estremamente dispendiosi, io li ho visti, non ho avuto voglia di contare le repliche.Come vede signor Ministro è palese la differenza. I dirigenti dei teatri esteri hanno ben capito che le opere, una volta messe in scena, per essere produttive devono essere rappresentate, anche 600 volte se funzionano. Perché così il teatro fa cassa, perché ogni replica messa in scena diminuisce drasticamente il costo di produzione fino a raggiungere il famoso “punto di rientro” tanto caro all’economia aziendale, che fa sì che ad un certo punto si cominci a guadagnare del denaro utile al pareggio di bilancio. L’allestimento scellerato di nuove opere invece non fa altro che alimentare il meccanismo perverso del dispendio a solo beneficio di registi estrosi chiamati per “chiara fama” a creare scenografie enormemente costose ed a totale discapito dell’Ente teatrale, specialmente se poi se ne fanno pochissime repliche. Ed abbiamo visto precedentemente che sono proprio registi e direttori d’orchestra la voce di spesa maggiore del Teatro dell’Opera di Roma. Va da sé che qualcosa a monte non funzioni.

Altra nota. Aprendo un titolo a caso della stagione in corso del teatro viennese (Fonte: http://www.wiener-staatsoper.at/Content.Node/home/spielplan/Spielplandetail.php?eventid=1441614&month=10&year=2014) si legge in piccolo a latere la seguente dicitura: “Diese Produktion wird ermöglicht mit Unterstützung von “ che tradotto vuol dire: “questa produzione è stata resa possibile grazie al finanziamento della Lexus”.

Già, si chiamano sponsor privati. E questi signori a volte si fanno carico di mettere in scena intere produzioni teatrali in cambio di un enorme rientro di immagine. Controlliamo quindi la voce sponsor del bilancio 2012. Lettera A) VALORE DELLA PRODUZIONE, 5)Altri ricavi e proventi, b) sponsorizzazioni e diritti per ripresa e diffusioni 1.247.604€.
Un Teatro di tradizione dell’importanza dell’Opera di Roma con tournèe internazionali ed una direzione artistica stabile come quella del Maestro Muti, è impensabile che riesca a racimolare solo 600.000€ in un anno (do per scontato che la cifra faccia riferimento per metà anche ai diritti televisivi e radiofonici) di sponsor. Forse anche qui c’è qualcosa che non va. Forse sarebbe il caso di investire in questo settore prima di tagliare in altri. Forse sarebbe il caso di tentare tutto il tentabile prima di licenziare 182 persone. Forse prima di prendere una decisione del genere andava considerata la situazione sotto un’ottica più ampia, o forse bastava leggere i bilanci per rendersi conto che la Sua non è una soluzione ma una scappatoia.Ancora una considerazione.
Com’è possibile che si arrivi al licenziamento in tronco di 182 dipendenti in un Ente che ininterrottamente, malgrado i tagli continui del finanziamento statale, presenta dal 2000 un bilancio in attivo???? Come da dati pubblicati dall’ex sovrintendente Ernani infatti (fonte: http://www.operaclick.com/news/intervento-svolto-dal-sovrintendente-uscente-francesco-ernani-apertura-della-conferenza-stampa) e dai dati pubblicati sul sito del Teatro non si evince alcun deficit… Non si spiega quindi, se il Teatro è in attivo, perché licenziare la metà dei suoi lavoratori, indispensabili come non mai al mantenimento del prestigio e della dignità del Teatro stesso?

Nelle note di integrative bilancio relative 2011 c’è una frase indicativa però (Fonte: Bilancio dell’esercizio al 31 dicembre 2011, Relazione sulla gestione, pagina 41):
“Il contributo dello Stato che rappresenta una voce fondamentale dei ricavi è strettamente correlato alle scelte di politica economica del paese, come evidenziato dall’andamento discontinuo degli ultimi anni; inoltre le riduzioni dei finanziamenti avvengono in tempi che non permettono di adottare misure correttive. I tagli sono comunicati ad esercizio avanzato vanificando i principi di corretta programmazione economico finanziaria che per la Fondazione costituiscono l’obiettivo strategico da conseguire costantemente, creando quindi problemi di bilancio.”

Il che significa, traducendo, che i signori Sovrintendenti normalmente programmano le stagioni teatrali sulla base di soldi che non hanno ancora incassato dallo Stato basandosi sui contributi precedenti che invece di anno in anno vengono diminuiti. E grazie che poi ci siano problemi a coprire i costi della produzione.

Alla luce di tutto ciò la Sua decisione di licenziamento si configura sempre più come una sonora lavata di mani, una scelta prettamente politica per zittire polemiche scomode e tacitare i sindacati a mo’ di esempio, un atto illecito per spostare l’attenzione dal vero problema: la scellerata gestione amministrativa, la totale inadeguatezza del Sovrintendente e non ultimo la primaria responsabilità dello Stato nel non combattere i privilegi ma anzi nel tutelarli. I veri privilegi, non quelli millantati dalla stampa. Licenziare persone che hanno sudato per vincere un concorso per percepire uno stipendio assolutamente nella norma e tutelare invece dirigenti di nomina politica che nulla hanno a che vedere con l’arte e con la musica e che sono lontanissimi da avere una formazione professionale da permettergli di fare scelte adeguate di gestione è da parte Sua una gravissima ammissione di colpa. Specialmente quando proprio questi signori sono la vera causa dello scempio dei nostri Teatri. Ed a quanto pare concorda con me l’ex Sovrintendente Ernani quando afferma: “Esprimo la speranza che non sia la politica a guidare i nostri Teatri d’Opera ma si facciano scelte per Organi e dirigenti con adeguate esperienze professionali.”

Quello che mi aspetto ora da Lei signor Ministro, alla luce di quanto detto, è una smentita. A discapito della mia credibilità io auspico a questo punto che Lei renda pubbliche le specifiche di bilancio del Teatro dell’Opera di Roma e punto per punto dimostri a tutti noi che quanto io ho scritto sono solo corbellerie, fantasie basate su cifre inesistenti, calcoli errati che non corrispondono al vero. Solo in questo modo infatti potrebbe legittimare con forza ed irreprensibilità la decisione di licenziamento. La prego, mi smentisca. Perché se solo una delle mie analisi fosse vera, allora si paleserebbe la totale illegittimità dell’atto da Lei perpetrato, che diventerebbe di fatto semplicemente un atto di forza. E Lei dimostrerebbe di conseguenza la Sua totale inadeguatezza a prendere decisioni in campo artistico, si paleserebbe come Lei non abbia le competenze necessarie per svolgere il Suo lavoro e che è un atto di incoscienza da parte del Governo rimettere nelle Sue mani la vita di un numero così elevato di persone, visto che il Teatro dell’Opera di Roma per Voi sembra essere solo il primo passo.

In risposta alla mia precedente lettera Lei stesso ha ammesso de facto la Sua leggerezza, scusandosi per aver pubblicato un bando che non aveva neanche riletto, e che poi ha infatti ritirato. La invito quindi a smentire questa lettera parola per parola oppure ad ammettere ancora una volta di aver preso una decisione grave e scellerata senza avere nessuna cognizione di causa, con una superficialità inaccettabile. Nel qual caso mi aspetterei una decisione simile a quella che fu per il bando, un ritiro, il Suo ritiro.

In attesa di risposta.
Cordialmente

Michele Spellucci, Violoncellista

(Pubblicato su espressa licenza dell’autore)