Viaggi

Viaggio sulla West Coast: viaggio nelle emozioni


Il viaggio che durante l’estate del 2014 abbiamo affrontato, mia madre, mia sorella ed io è di quelli che rimangono impressi per sempre.

Non tanto per la meta: eravamo già state negli Stati Uniti, sia sulla East Coast sia sulla West Coast, entrambi i precedenti viaggi sono stati stupendi, immersi nella natura, abbiamo visto le balene vicino a Cape Cod, abbiamo visto l’immensità del Grand Canyon, abbiamo attraversato molti parchi, il più bello per me lo Yellowstone park, retaggio di ricordi bambini. Siamo state su un vecchio bus nella riserva degli indiani per girare dove John Ford girava i suoi western, nella Monument Valley. Ogni esperienza fatta nei precedenti viaggi è stata stupenda, ci ha arricchito, ci ha riempiti di immagini, colori, ricordi che teniamo con noi.

Ma questo viaggio è stato un qualcosa di diverso e di più. Si è trattato di un giro di 18 giorni su 4 città: Seattle, Brookings, San Francisco, Los Angeles.

Se tutti voi conosceranno 3 di queste città che ho citato quasi nessuno conosce di sicuro Brookings. E’ una città poco più grande di Nepi, il paese in cui risiedo. Si trova in Oregon, precisamente sulla costa, al confine con la California. Perché siamo state lì è presto detto: per un viaggio tra i ricordi e le emozioni.

Le emozioni.

Il viaggio di per sé è iniziato in una giornata di fine luglio, con mio padre che come spesso fa ci ha accompagnato a Fiumicino. Il primo volo di due ore ci ha portato ad Amsterdam, da lì con un volo Delta siamo atterrate dopo 10 ore a Seattle, scoprendo che lì tutti pronunciano “Settl”, mangiandosi qualcosa. Il primo impatto è stato subito positivo, è una grande città ma è immersa nella natura. Andando verso la città con il taxi abbiamo visto subito gli stabilimenti della Boeing, non avremmo immaginato poi che qualcuno di nostra conoscenza lavorasse lì!

Arrivati in centro la prima sorpresa: le strade anche qui come a San Francisco sono un continuo saliscendi e sarà difficile affrontarle a piedi, ma noi ce la faremo! L’hotel, il Crowne Plaza, tra la sesta e Seneca Street (il nome della strada mi ha incuriosito, ripensando ai nostri classici) è molto bello, moderno, funzionale, praticamente una suite, con una camera, un salottino dove dormirà mia sorella e un bel bagno. La vista è magnifica, tra i grattacieli si vede lo Space Needle, simbolo della città.

tramonto seattle

Partiamo subito alla scoperta della città e a piedi ci avviamo verso il Pike Place Market, passando per il Museo di arte moderna, alla cui entrata c’è “The Hammering Man” che fa anche dei movimenti. Prima di arrivare al mercato notiamo tanti marinai, ma veramente tanti. Sapremo poi che al porto ci sono delle navi militari, alcune visitabili. Al mercato alcuni banchi sono chiusi vista l’ora, ci fermiamo per un frappuccino da uno Starbucks, ma non è il primo, l’originale. Poi ci addentriamo per le bancarelle, vedendo anche quella dove lanciano il pesce, a favore dei turisti che si fermano. C’è lì vicino anche la statua della mascotte, un maialino che mi ha ricordato un altro mercato, un’altra mascotte, a Melbourne (ma questa è un’altra storia). Abbiamo fatto un altro giro, verso il mercato dei fiori e della frutta con sosta al primo Starbucks. Per me bere un ‘caramel macchiato’ di Starbucks è un’emozione, perché mi ricorda Londra, dato che è lì la prima volta che l’ho provato!

Continuando la passeggiata siamo arrivati dove c’è la scritta del mercato e lì di nuovo ci lasciamo prendere dall’emozione: abbiamo fissate nella memoria le immagini di “Sleplesses in Seattle”, il film “Insonnia d’amore”, del 1993, reo di avermi fatto conoscere questa città (insieme al grunge, ai Nirvana e allo Space Needle). Dalla discesa davanti Tom Hanks vedeva la baia e la scritta del mercato, prima di andare con un suo amico in un locale. Bello vedere questa scena davanti a te e al tramonto, poi!

mercato seattle

Proseguiamo questo primo giro affacciandoci verso il mare, verso il waterfront. Qui scopriamo però che c’è molto dislivello da dove siamo e il mare, le attrazioni e i ristoranti sul waterfront. In ciò la città è diversa da San Francisco. Per arrivarci bisogna fare delle scale o prendere degli ascensori, ma come primo giorno non sappiamo orientarci e sapere dove sono. Ci accontentiamo allora di rimirare il lungomare dall’alto, ripromettendoci di andarci al più presto. Per questa sera le emozioni e la stanchezza bastano, ci sediamo in un localino a mangiare, anzi a non mangiare, quello che abbiamo ordinato (tutto troppo piccante). Con il taxi si torna all’hotel per un sonno ristoratore.

Il secondo giorno lo passiamo a fare le turiste “fai da te” con giri turistici con mezzi tipo “Hop on hop off”. Abbiamo fatto una veloce colazione dalle parti di una bella piazza dove c’è un centro commerciale famoso, è la zona sulla fifth avenue, qui come a NY la parte più commerciale, piena di bei negozi (Macy’s compreso!). Dopo aver prenotato un giro con la “Duck ride” siamo andate a fare un giretto con il trolley “Emerald trolley bus”, che ti fa fermare nei punti di maggiore interesse e poi puoi risalire su un altro mezzo. Il tram è di quelli caratteristici e antichi, tutto verde. La città viene chiamata “Città di smeraldo” perché è immersa nel verde. Intorno a Seattle ci sono montagne, il Mount Ranier che è bellissimo con la sua punta sempre innevata, due laghi, Union e Washington, e la baia dell’oceano Pacifico con le sue tante isolette. Noi siamo scese soltanto al mercato per vedere le bancarelle aperte e poi a Pioneer Square, che corrisponde alla parte più antica della città. In alcuni palazzi è possibile scendere nel seminterrato, che prima era il piano terra, a causa di terremoti ora il piano terra è costituito dal primo piano di questi palazzi antichi. Al centro della piazzetta c’è anche un totem e una pensilina in stile vittoriano per la fermata dei bus. Tutto intorno ci sono negozi vintage e antiques, qui molto apprezzate. Alle 13 abbiamo appuntamento al Westlake center per andare sulla “Ducks ride”, da noi presa soprattutto per andare dentro il Lake Union e vedere da vicino le case galleggianti: una di queste era la casa dell’”Insonne di Seattle”. E’ stato emozionante passare sopra al ponte che collega i due laghi, come quando ci passò Meg Ryan che da Baltimora era venuta a cercare l’insonne.

Al ritorno, dopo un bel giro, pranzo sbrigativo al centro commerciale, pronti per prendere la monorotaia che da lì porta allo Space Center. Qui abbiamo dato solo un’occhiata da sotto allo Space Needle (prima o poi ci torno e ci salgo) e poi ci siamo incamminate per il parco, fermandoci un bel po’ ad ammirare i giochi di acqua e musica della fontana. Uscendo dal parco dello Space Center abbiamo chiesto informazioni e ci siamo dirette a piedi verso l’Olimpic sculture park, un parco dove ci sono sculture moderne, fruibili. Forte all’entrata tutta una serie di parasoli. Ancora più forte stare seduti sulle sedie, all’ombra di una scultura, ed assistere al servizio fotografico di un matrimonio, con sposa, sposo, testimoni e damigelle tutti vestiti eleganti ma con… scarpe da ginnastica ai piedi!

sposi a seattle

Un bel giro al Waterfront e rientro in hotel, perché abbiamo un incontro importante.

 

La strada, gli incroci, gli abbracci.

Se penso a questo viaggio nelle emozioni mi viene in mente subito la strada. Una strada, un incrocio, un semaforo ci dividevano da una persona che da più di 20 anni non vedevamo. Mi viene in mente anche un abbraccio. E l’attesa. Sì perché il rosso di un semaforo ha procrastinato il tempo dell’abbraccio tra noi e Jon, un ragazzo che per noi è un caro amico, figlio del caro amico di papà, uno che ho visto solo altre due volte in vita mia, ma una persona che sento molto vicina, pieno di creatività, di cultura, di sensibilità. Quando finalmente è scattato il verde ci siamo abbracciati, noi parlando il nostro stentato americano, lui tentando di dire qualcosa in italiano. E poi abbiamo conosciuto il suo amore, e in seguito ci ha fatto conoscere quella che lui considera la sua città. Città che ama e che con i suoi racconti ci ha fatto amare. Lui e Bruce ci han portato a cena in un posto fantastico, dall’altra parte della baia, lo spettacolo dei grattacieli di Seattle visto dalle verande. Cibo fantastico, cucina strepitosa, servizio perfetto. Ma soprattutto la compagnia è stata da apprezzare, sapete, sentirsi a casa seppur così lontani? Sentirsi affini a persone che quasi non conosci? Questo ci è capitato stando con loro quella sera. Ancora dopo mesi ricordo quella serata, ma soprattutto quell’abbraccio. Nei giorni successivi è stato bello girare ancora per la zona, in particolare Jon ci ha portato vicino North Bend perché avevamo un appuntamento importante, soprattutto per mia sorella. Eravamo “invitate” al Festival di Twin Peaks. Praticamente vicino questa cittadina ogni anno tengono un festival dove intervengono alcuni degli attori che han fatto parte di questa serie tv girata in questi posti tanti anni fa da David Linch. Mia sorella è una vera fanatica e quindi l’abbiamo accontentata e devo dire che siamo stati proprio bene. In America, lo avevo già notato in altre occasioni, gli attori sono molto più disponibili e quindi abbiamo passato una bella giornata a contatto con altri fan e degli attori, come quella che interpretava “Audrey”, cioè Sheryl Fenn, forse la più simpatica tra tutti.

dani e audrey

Anche gli organizzatori, una coppia, ci han messo a nostro agio, dicendoci che eravamo noi gli ospiti d’onore dato che venivamo addirittura dall’Italia. La giornata comprendeva: tour in bus per le location della serie, veramente molto interessante; serie di filmati da vedere, stand, cena e dopocena con momento per gli autografi dei vari attori presenti. E’ stata una giornata molto intensa e per mia sorella la realizzazione di un sogno. I luoghi visitati, immersi nella natura, erano veramente molto belli e suggestivi. In serata il nostro amico Jon ci ha riportate in hotel. Non ricordo molto quello che abbiamo fatto il giorno successivo, forse un giro in battello in una delle tante isolette della baia, isola molto tranquilla, poi abbiamo visto l’equivalente delle frecce tricolori sfrecciare sul cielo di Seattle e in seguito un bel pranzo a base di pesce in un ristorante tipico in cui ti buttano tutto il cibo che ordini su un tavolaccio e tu mangi con le mani. Ma la cosa più bella che ricordo di quel giorno è la cena organizzata con Jon. Lui in quei giorni lavorava, un lavoro bello e impegnativo, ma è stato così bene con noi da voler farci vedere la sua casa. Insieme a lui siamo andati al supermercato, nel quartiere di Capitol Hill, uno dei più nuovi e trendy della città. Siamo andati in uno di quei supermercati tipo “delicatessen”, dove c’erano molte specialità italiane, ricordo anche confezioni di “Pomì” ed abbiamo anche scherzosamente insegnato lo slogan pubblicitario al nostro amico! E’ stato bello stare a cena insieme, visitare con Bruce la casa, mentre mamma e Jon si sono messi in cucina a preparare la pasta e il sughetto. Intanto ci siam fatti un aperitivo, insieme a Mariette, l’ex che abbiam conosciuto tanti anni prima e che ora ci racconta del marito e dei suoi tanti bimbi, ma ci fa vedere anche l’album delle foto del viaggio in Europa, sembra ormai una vita fa. Bruce si è messo a preparare la carne alla brace, il barbecue d’altronde è un mito per gli americani… Ricordo quella sera come una sera di risate e di relax tra amici. Bello poi prendere il gelato nel piccolo terrazzo, all’ombra di gelsomini (senza pensare all’allergia che ci affligge, a causa di questi profumatissimi fiori). Peccato il giorno dopo dover ripartire, ma la prossima destinazione sarebbe stata altrettanto emozionante, anzi, forse di più!

 

 (Fine prima parte)